Immersioni

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Dove vuoi andare?

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Dove vuoi andare?

O forse sarebbe più corretto dire come vuoi andare?

BalenalaB
Dec 18, 2022
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Un viaggio nello spazio

Ci sono tanti modi di viaggiare.

C’è chi è tutto un immobile tramonto sul mare e chi si arrampica per giorni sulla parete di una montagna. C’è chi litiga riempiendo il bagagliaio dell’auto e chi parte in treno in amata solitudine. C’è chi intraprende un cammino spirituale e c’è chi nella caccia alle zanzare trova la sua unica religione.

C’è chi pianifica tutto, pure la sosta pipì e c’è chi improvvisa ogni attimo, non sapendo cosa, dove, come succederà il secondo dopo. C'è chi ama i balletti dei villaggi vacanze e la zumba in crociera e chi datemi calette deserte e il rumore dei grilli.

C’è chi la sosta vuol dire panini sul ciglio dell’autostrada e tavolino pieghevole, c’è chi ha finito la stagione e aspetta l'inverno per andare a fare la siesta a Cuba.

Ci sono i fedeli allo stesso posto tutti gli anni e quelli che scelgono le vacanze a occhi chiusi puntando il dito sulla carta, quelli che sanno consigliarti dove mangiare il miglior falafel della città e quelli che per due settimane si imporranno di non accendere più il cellulare.

C'è chi ha l’ansia di partire e chi ha l’ansia di tornare.

Chi va dalla nonna come prima tappa, chi dalla famiglia non andrà mai più.

Il viaggio è una somma di comportamenti che dicono molto di chi siamo. Uno spazio in cui le nostre menti affrontano la somma di emozioni confuse che ci portiamo dentro. Il viaggio è strano perché non ha come fine la destinazione e non finisce con il ritorno.

Etimologia del viaggio

La parola viaggio viene dal latino viaticum e significa “provvista per il viaggio”. Viaticum viene a sua volta da via, cioè strada, sentiero.

A partire dal XV secolo, il viaticum indicava le provviste e il denaro dato a una persona, spesso un religioso, prima di una partenza. 

Nell'antica Grecia il viatico era la moneta che veniva posta in bocca ai morti per pagarne il viaggio attraverso lo Stige, il fiume degli Inferi. 

Guardando le sue origini, il viaggio non sembra essere tanto l'avventura, ma ciò che permette l’avventura. Il viaggio sono tutte le risorse che mettiamo in campo per attraversare qualcosa, che sia un percorso o una tappa della vita.

Viaggiamo per andare oltre le nostre abitudini. Molto più che una destinazione, il viaggio è soprattutto una chiamata, una chiamata al movimento. Viaggiamo anche per incontrare altri esseri umani e luoghi o per fuggire da altri esseri umani e luoghi.

Viaggiare è soprattutto allargarsi. Scoprire gusti diversi, odori sconosciuti, una nuova architettura, un colore del cielo e attraverso le scoperte, uscirne trasformati.

Un  viaggio nel tempo

Qualche giorno fa mi ha scritto Emanuele. L’avevo conosciuto durante gli anni della scuola di teatro. Più giovane di me di 7 o 8 anni, era il cucciolo timido della classe. 

Ho sempre avuto una propensione per i deboli e per le minoranze (ciao sindrome della crocerossina), ma in lui avevo intravisto anche una brillantezza sussurrata che preferivo alla spavalderia e alla sicurezza che mostravano certuni studenti. Dopo le lezioni uscivo con questo gruppo di freak di ogni età, appartenenza sociale, inclinazione sessuale, religione, impiegati di banca, musicisti, studentesse, cameriere, gente apparentemente normale di cui facevamo parte anche io e lui. Con loro mi sentivo a casa. Eravamo quasi sempre almeno una decina a scorrazzare su e giù per città alta a Bergamo. I momenti con loro erano felici, spensierati, profondi come possono esserlo le immersioni nelle vite completamente diverse dalla nostra e mi distraevano per qualche ora da quello che succedeva nel resto della mia vita.

Dopo quasi 12 anni dal nostro ultimo incontro, il giorno del saggio di fine anno del 2010, Emanuele mi ha cercata sui social. Mi scrive per dirmi ciao, ti sto leggendo, in ogni parola ci sei come quando a Bergamo pioveva e tu piangevi. Mi accenna di un libro che non ricordo di avergli regalato.

Mi rendo conto all’improvviso di aver rimosso tantissimi ricordi, anche quelli belli, anche quelli disperati che non dovremmo mai dimenticare. Guardo la sua foto, vado sui profili dei nostri compagni di corso, cerco come una pazza i dettagli, spero di ricordarmi di più, ma non succede. 

I ricordi sono un viaggio nel tempo. Non corrispondono mai alla realtà, ma alle emozioni che gli abbiamo legato intorno. I ricordi sono la nostra reinterpretazione della realtà. Ci invitano a riscoprirla, a fare un movimento nel tempo che allarga la percezione di noi. 

Ma mi chiedo: un’esperienza serve anche se non te la ricordi? Il fatto di averla vissuta finisce da qualche parte o senza memoria la perdiamo?

Per molto tempo ho guardato con nostalgia a ciò che era stato.
Per molto altro tempo ho avuto timore di quello che sarebbe potuto succedere. E il presente è stato sempre un tempo piuttosto difficile da affrontare, perché l’unico che mi richiede davvero di esserci.

E mentre nessuno può sapere niente del futuro, ognuno di noi può andare a scavare nel suo passato. E qualcuno ci rimane incastrato anche. Esaminare il passato è un viaggio che può migliorare la nostra comprensione del presente ma può anche farci perdere.

In un certo senso, è più facile vivere nel passato, con le sue certezze anche se dolorose, piuttosto che vivere nel presente. Come ha detto Rebecca Solnit, "Mi sorprende, anche in me stessa, quanto preferiamo scenari terribili all’ignoto puro".

Vivere nel presente prevede incertezza. Presuppone andare avanti nonostante non si sappia. Fare un passo e uno dopo ancora, nella direzione della propria vita ma essere consapevoli che potrebbe succedere comunque di tutto. 

Il movimento e la memoria

Nella nostra esperienza, il tempo e lo spazio sono collegati. Quando succede qualcosa, accade in un momento e in un luogo ben preciso. Lo spazio e il tempo sono strettamente legati alla memoria. È solo quando il nostro cervello ha sviluppato il concetto di spazio che iniziamo ad accumulare ricordi. 

Ho letto da qualche parte, e non mi ricordo purtroppo dove, che potrebbe esserci un collegamento tra il movimento e la memoria. Si spiegherebbe perché non ricordiamo la nostra prima infanzia: l'amnesia infantile inizia a dissiparsi quando il bambino comincia a gattonare e poi a camminare. Una volta che inizia a muoversi nello spazio invece di essere trasportato passivamente, le cellule nel cervello iniziano ad attivarsi e ad allinearsi con l’ambiente. Insomma, più i bambini possono muoversi da soli, più possono sviluppare la loro memoria. 

Ed è lo stesso per gli adulti. Il viaggio è un attivatore di trasformazione, ma anche di ricordi. Movimento, memoria e sviluppo, sono collegati.

Un viaggio nelle storie degli altri

Quanto abbiamo viaggiato nelle nostre camerette di adolescenti?

Tra un sogno e una canzone alla radio, tra un libro e una dedica sul diario, abbiamo esteso il nostro senso del possibile. 

Prendiamo i libri per esempio, anzi, i personaggi dei libri.

I personaggi delle storie non vanno mai da un punto A a un punto B in modo lineare. I personaggi sono ipotesi narrative. Tentativi. Attraversamenti. Deviazioni. Inversioni a U. Ci offrono una filosofia dello stare al mondo che si incarna attraverso traiettorie, fallimenti, giri di andata e ritorno, ricerche di territori, ma anche e soprattutto esplorazioni di sé. Prendono una linea narrativa tra le mille possibili.

Anche noi durante la nostra vita, decidiamo di seguirne alcune. Ad esempio, seguiamo la linea matrimonio o la linea single, la linea rimango al paesello o la linea vivo all’estero. Anche negli spazi chiusi, esploriamo linee, tentiamo percorsi, proviamo ogni volta a scoprirci un po' di più. E forse questa è la sfida del viaggio, nello spazio e nel tempo, tanto quanto la sfida della letteratura.

E il punto è che durante la lettura, la distanza che stabiliamo non è quella tra il testo e il narratore, ma tra il testo e noi stessi. Sentiamo l’orrore e la frenesia, la commozione e l’angoscia, l’amore e il dolore. Le emozioni tracciano un parallelo tra l'eroe della storia e il nostro io intimo, non tra la storia raccontata e la vita dell’autore (anche se a volte nascosta dietro le azioni dei suoi personaggi). Noi lettori siamo come i passeggeri del Nautilus, percorriamo la terra attraverso le pagine.

E diciamo la verità, (io sono fan della verità), la nostra esperienza e la nostra immaginazione sarebbero molto più povere se si appoggiassero solo sul vissuto e sulla realtà. Hanno bisogno di essere allargate, arricchite e approfondite con il ricorso alla finzione letteraria. 

Uso le parole di Martha Nussbaum: « La letteratura è un’estensione della vita, non solo orizzontalmente mettendo il lettore in contatto con gli accadimenti, i luoghi, le persone e i problemi che non ha incontrato al di fuori di qui, ma allo stesso modo, per così dire, verticalmente, regalando al lettore un’esperienza più profonda, più nitida e più precisa di gran parte di ciò che accade nella vita.»

Così presentata la letteratura diventa anche un viaggio nel tempo e nello spazio. 

E allora forse per iniziare un viaggio, non bisogna andare lontano, ma semplicemente attivare il movimento di qualunque natura esso sia, spazio- tempo-letterario. Viaggiamo perché all'improvviso mettiamo in azione la nostra mente. Pensando, leggendo, ascoltando, discutendo. Tutto è un'avventura interiore. Viaggiamo prima dentro noi stessi, alla ricerca di ciò che siamo, ma poi anche fuori, alla ricerca di ciò che ancora non siamo. E che si tratti di Ulisse, Chris McCandless, Elizabeth Gilbert, il capitano Nemo, Bastian in groppa a Falkor, la posta in gioco è soprattutto ciò che accade dentro di loro. Ed è per questo, che ha senso girare il mondo.

***

Partirai per le feste di Natale?

Io se tutto è andato bene, in questo momento sono in Italia per fare una sorpresa al mio papà che compie 70 anni. A te auguro un tempo di sospensione che ti assomigli, un viaggio spazio-tempo-letterario con cui allargarti.

Ci sentiamo l’anno prossimo. 

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