Ciao, sono Chiara Gandolfi: verbal designer e voice actress. Con l’iscrizione a Immersioni hai vinto anche Misticanza di cose di lavoro che è questa newsletter mensile qui in cui dico quello che sto facendo. È la sorella anarchica di Immersioni, la secchioncella che parla dell’universo. Non si toccano mai come in Ladyhawke, ma sono il mio giorno e la mia notte.
È ritornata la consulenza veloce sulla tua comunicazione e sono in vendita i Manifesti Galattici. Trovi tutto in fondo a questa mail.
Un giorno hai una vita, il giorno dopo solo frammenti. Bombe di Putin dentro le stanze a olio dei miei sogni impressionisti e un nodo alla gola acquarello che il dottore dice e adesso come lo sciogliamo? L’acido è finito, rimane il salato. Forse c’è vita oltre il dessert.
Il mondo va male perché non abbiamo abbastanza tempo libero. Nel tempo libero diventiamo umani, scopriamo qualcosa di noi e del mondo, possiamo dedicarci alle persone amate, alle attività amate, alle letture amate.
Qualche mail fa avevo accennato alla teoria del flow. Secondo Csíkszentmihályi la qualità della nostra vita non dipende semplicemente dalla felicità come stato finale, ma da ciò che facciamo per raggiungerla: giocano un ruolo cruciale le emozioni, le persone di cui ci circondiamo, le nostre esperienze. È una questione di intensità. Sappiamo ancora sentire? Ma poi cosa sentiamo? Qualcuno può toglierci l’anestesia, per favore?
L’idea di flow sfida il concetto che la felicità sia l’assenza di problemi. Cos’è la felicità? Marzullo, sveglia. Uno stato di profonda attività mentale, dove pensieri, emozioni e volontà si allineano perfettamente. PERFETTAMENTE. E la perfezione è un attimo e sempre MAIUSCOLA.
Succede quando affrontiamo una sfida, esploriamo nuove idee o risolviamo problemi complessi. Le esperienze di flow non sono mai passive né semplici: richiedono impegno e fatica, ma percepiamo questa fatica come stimolante grazie a una curiosità insaziabile e a un coinvolgimento profondo. È un momento in cui le capacità di una persona vengono messe alla prova e trovano piena espressione. Rallenta. Accelera. Rimani in viaggio. Cambia. (and repeat)
Avevo iniziato a scrivere la parte bassa di questa newsletter durante la nevicata di qualche giorno fa a Parigi mentre ero in viaggio per Bologna. Faceva molto romantico ma anche urgente. Sia chiaro, a me, della neve, piace solo l’idea. Perché le caratteristiche fisiche della neve sono tutto ciò da cui scappo: è fredda e diventa presto pantano. E invece la sua idea è trasformativa: la neve ci sfugge, ci espropria. Per la maggior parte di noi, la vita si basa sul contatto quotidiano con una materia solida e consistente che trasformiamo attraverso lo sforzo e il lavoro. La neve inverte questo rapporto. Nella neve lasciamo tracce involontarie dietro di noi. Ma quando cerchiamo di gestirla, ci sfugge dalle dita. È forse questo l'aspetto più affascinante della neve: la sua capacità di metamorfosare il mondo intero, di strappare il mondo alla sua familiarità. Sotto il suo manto bianco abolisce tutti i nostri punti di riferimento abituali. Ci invita a ridisegnarli in silenzio.
Durante il programma Quotidien, il rapper belga-congolese Damso ha parlato della sua pratica regolare del “digiuno della parola”, un esercizio di silenzio per distanziarsi dal flusso incessante di parole, sia rivolte agli altri che a se stesso. Damso lo pratica per periodi definiti limitando la comunicazione a un’ora al giorno via email, con l’obiettivo di affinare l’attenzione verso i propri pensieri e a essere più ricettivo verso ciò che arriva dall’esterno. Come spiega lui stesso: “Quando ci si impone il silenzio, si finisce per ascoltare davvero l’altro. Spesso, mentre le persone parlano, la nostra voce interiore non tace. Con il digiuno della parola, riesco a spegnere quella voce interiore.”
Normalmente, smettere di parlare potrebbe sembrare un modo per dare più spazio alla propria voce interiore, endofasia, la definiscono i neuroscienziati. La linguista Hélène Lœvenbruck, nel suo libro Le Mystère des voix intérieures, ha analizzato questa forma di linguaggio silenzioso, spesso dialogico, che ognuno intrattiene con se stesso. Ma Damso capovolge il paradigma: notando che ogni conversazione è accompagnata da una voce interiore che sovrasta quella dell’interlocutore, utilizza il digiuno della parola per mettere a tacere questa voce e tornare agli altri con una capacità di ascolto rinnovata.
Cosa resta oltre la voce interiore? Una presenza silenziosa fatta di emozioni, pensieri, o un intreccio inespresso di affetti e ragione? Come suggerisce Noam Chomsky, ci vuole un “incredibile atto di volontà” per non parlare a se stessi.
Lascio da parte l’ego ipertrofico del rapper, i suoi testi misogini o il suo autoproclamato status di “maschio alpha” e torno tra voi, gente per bene, a cercare luoghi di riflessione critica su ciò che la società dice o non riesce più a dire nello spazio pubblico. E allora quello che posso fare è scrivere per riflettere e crescere. La scrittura è uno spazio dove elaboro il silenzio e lo trasformo in dialogo con il mondo.
Tra una riga e l’altra di flow e neve, ho ancora quella roba in gola. Sarà il dicembre più complicato della mia storia. Urano contro Urano non farmi troppo male.
Avevo da dire 3 cose sulla voce del brand
Così le ho dette.
Non puoi non avere una voce.
Il come può dire più del cosa e del perché.
I valori, scritti senza specificità, non significano più niente.
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Consulenza
È ritornata la consulenza. Un’ora, ma pure 3 o 5, ma alla fine anche tutte quelle che vuoi per sbloccare la tua comunicazione. Ti disincaglio da quel posto lì dove ti sei infilata per farti ripartire con una comunicazione in cui ti riconosci. La puoi prenotare qui.
Frammenti di faccio cose
Ora puoi acquistare i Manifesti Galattici: un progetto creativo in cui mi sono occupata di scrivere 12 testi creativi che hanno la forma narrativa corrispondente al segno zodiacale. Per te o per i tuoi regali di Natale.
Storione business procede con crisi d’identità e panico: tutto come previsto, insomma. Se era facile, potevano farlo da sole.
Ho viaggiato molto per l’Italia a ottobre e novembre: a Rimini per parlare di nomi di hotel all’Hospitality Day, a Piombino Dese per il sopralluogo di Storione Retreat (te ne parlo presto), a Bardolino per il summit annuale con il ColorHotel, a Bari per lo Storytelling Festival, a Milano al Festival della Gentilezza e a Borghetto sul Mincio con quei cuori di Wyde, a Bologna per presentare in fiera i Manifesti Galattici. A dicembre mi struggo ma a casa.
È tutto da parte mia. Ma se tu vuoi scrivermi qualcosa, un ciao, un quantunque, di quella volta che sei scomparsa nella neve, o di quell’altra in cui hai digiunato con le parole e hai messo su due kg di orecchie, se vuoi pagarmi un caffè o dirmi quand’è l’ultima volta che ti sei sentito in frantumi, sono qui. Se no, ci troviamo sul fondale nella prossima Immersione.
Prenditi cura di te,
Chiara
è sempre tanto essenziale leggerti 🥰 🌼