Più di tutto la natura mi ha insegnato la perseveranza nel trasformare le cose, fino a quando non diventano tutto ciò che potevano essere. La costruzione della nostra storia ha bisogno degli stessi sforzi.
E adesso mi auto cito pure
Sulla soglia di una nuova età che si srotola davanti a me, grazie al reflusso entro nell’era del sarebbe meglio evitare. Il caffè, il fritto, gli alcolici, gli agrumi, l’aceto, il cioccolato, i pomodori. Probabilmente, a parte qualche assente giustificato, l’olimpo delle gioie.
Sempre più persone che conosco hanno attraversato un burn out. (Con quanta scioltezza passo dal reflusso al burn out).
Molti di noi hanno un elenco di abitudini o addirittura di nevrosi, di cui vorrebbero liberarsi. Adesso ti spiego il nesso.
Nella nostra perfetta imperfezione, siamo costantemente alla ricerca di modi per migliorare. Prendiamo nota di tutte le nostre dipendenze, cercando disperatamente di correggerle. I propositi di inizio anno, la revisione degli obiettivi di metà anno, la progettazione di settembre, ne sono un esempio. Vogliamo smettere con le cose. Rinunciare al caffè, allo zucchero, al glutine. Smettere di sentirci in colpa, di tingerci i capelli, smettere di scrivere al proprio ex. Smettere di leggere le notizie angoscianti, smettere le catatoniche sere davanti a Netflix, smettere di fingere. Smettere di lamentarci, smettere di dire sì, smettere di scorrere Instagram con noia. Smettere di comprare, smettere di mentire, smettere di spettegolare. Smettere di lavorare tutte le sere, il week end, smettere di pensare al lavoro quando siamo al cinema con gli amici, al parco con i figli, sotto le coperte con il partner. Davanti a un tramonto.
Ci imbarchiamo in riforme, convinti che questi cambiamenti saranno la nostra salvezza. E così facciamo pause frenetiche e detox nella speranza che portino nuova luce nella nostra vita. Ma per quanto preziose, queste soste non sono meno impegnative. Perché ci entusiasma tanto la prospettiva? Perché porre fine a qualcosa, sarebbe la risposta giusta ai nostri tormenti? Non è forse perché la nostra passione per la sosta, il silenzio, l’assenza è proporzionale al nostro amore per lo scatto, il battito, il miracolo? Ci piace convincerci che, eliminando le cose dalla nostra esistenza, questa improvvisamente si illuminerà e come un’Amazzone cavalcherà libera verso i lidi desiderati.
Individuare le possibili dipendenze significa dare un perimetro alle nostre ansie. Dirsi che si sta male perché si beve troppo caffè e che basta smettere per sentirsi meglio è una sorta di salvezza. È rassicurante e fa venire voglia di crederci, evitando così le domande a volte più frastornanti. Individuare una causa, una fonte facilmente identificabile, è un modo per spiegare i nostri tormenti, per renderli logici e coerenti, ed è molto meno terrificante che affrontare le nostre vere ombre.
Così ci aggrappiamo, seguiamo i programmi, mettiamo in scena il crepuscolo delle nostre manie. Ci contorciamo. Ci agitiamo. Rendiamo artificiale ogni nostra mossa perché ci mettiamo dentro un razionale quanto disperato bisogno di salvezza. Ci sentiamo in colpa per le nostre deviazioni, malediciamo le nostre debolezze, la nostra insonnia, il nostro cattivo carattere, i clienti che non arrivano, le amiche che ci hanno deluso e otteniamo l'effetto opposto a quello che ci aspettavamo. Nulla si placa e noi soffochiamo sotto il peso delle nostre ingiunzioni.
Quindi, certo, il caffè può diventare dannoso, così come il nostro ex, il senso di colpa o il consumo eccessivo, ma di tanto in tanto, forse, potremmo lasciarci vivere, senza forzare, senza costringere o reprimere, ma ascoltando ciò che arriva. Forse allora capiremo i bisogni e i sussurri che si nascondono nel lavoro forsennato, nel nostro caffè o nelle nostre lamentele. Invece di togliere, è forse ora di iniziare di abbracciare con tenerezza l’intero che siamo e i frammenti che lo compongono, alcuni anche in contrasto tra loro.
Guardarsi dentro per trasformarsi
Il termine "introspezione" deriva dal latino introspectus, si riferisce all'attività mentale di guardarsi dentro, prestando attenzione alle proprie sensazioni, stati o pensieri. È un modo per osservare ciò che accade dentro di noi e cercare, attraverso questo sguardo, di capire perché agiamo come agiamo. Ma da dove viene questo approccio? È una tendenza contemporanea di esseri umani smarriti alla ricerca di un senso? Oppure è un approccio ovvio per tutti coloro che vivono e sentono?
In filosofia, l'introspezione è intesa come un modo per comprendere i nostri stati di coscienza. L'ambizione sembra complessa, eppure lo facciamo senza nemmeno rendercene conto. Non appena pensiamo a noi stessi in prima persona, cioè dal punto di vista dell'io, siamo consapevoli di sentire e pensare certe cose che appartengono solo a noi.
Cartesio non parlò direttamente di introspezione, ma fu il primo a gettarne le basi nelle sue Meditazioni metafisiche del 1641. Nel famoso Cogito ergo sum (Penso, dunque sono), afferma il principio della coscienza riflessa: è perché sono cosciente, e quindi penso, che esisto e quindi posso agire. L'introspezione, questa forma di auto trasparenza, diventa così un fondamento. L'uso del termine meditazione, in questo testo, indica che non si tratta di un semplice trattato filosofico, ma di un modo di avvicinarsi alla realtà e di utilizzare il pensiero come supporto per una possibile auto trasformazione.
Dopo Cartesio, Nietzsche considera l'introspezione come un mezzo per superare le illusioni e le maschere sociali che ci impediscono di essere autentici. Nel suo pensiero, l'auto esame è un processo attraverso il quale si può scoprire e affermare la propria volontà di potenza che lui definisce come una volontà di espansione, di superamento e di affermazione di sé. Non un desiderio di dominio sugli altri, ma piuttosto un impulso creativo e trasformativo.
Nietzsche incoraggia un esame profondo e critico di sé stessi per liberarsi dalle illusioni e dalle imposizioni esterne. Attraverso l'introspezione, l'individuo può riconoscere i propri veri desideri e aspirazioni e può lavorare per creare i propri valori e significati. È un processo attraverso il quale si riconoscono paure, debolezze e autoinganni, per poterli superare e trasformare.
Per quanto convincenti possano essere, gli approcci dei nostri amici filosofi sollevano una domanda: possiamo davvero accedere a noi stessi?
Auguste Comte fu uno di coloro che rifiutarono questa direzione, sostenendo che non possiamo essere sia osservatori che osservati. Arrivò ad affermare che
l’esprit humain peut observer directement tous les phénomènes,
excepté les siens propresAuguste Comte
la mente umana può osservare direttamente tutti i fenomeni tranne i propri
Come possiamo pretendere una qualche forma di oggettività? Siamo sicuri di intendere ciò che diciamo? Chissà se lo diceva perché anche lui aveva sperimentato quel disagio che ci vede essere ottimi consiglieri per i nostri amici e trovandoci nella stessa situazione incapaci per noi stessi.
Uno sguardo esterno può essere utile per accedere alle parti interiori di noi perché ci costringe a vedere “la cosa” da un altro punto di vista, quello che ci è in ombra e che per la posizione che abbiamo non possiamo vedere. Una guida fidata può portarci dove l’auto trasformazione può compiersi.
Il cambiamento è una questione di comprensione, volontà, ma anche di tempismo. Non siamo sempre pronti a cambiare, soprattutto se abbiamo consolidato abitudini e convinzioni.
Forse, invece di puntare a una verità su noi stessi, possiamo prendere il processo introspettivo per quello che è: una scusa per metterci in discussione, per fermarci a considerare quello che stiamo vivendo e per dare uno sguardo all'effetto che il mondo ha su di noi.
A settembre partirà Storione business un percorso di formazione online che dura una stagione in cui accompagno un piccolo gruppo di persone, freelance e piccole attività, in una serie di lezioni “introspettive”. L’obiettivo è trovare il punto di equilibrio tra la nostra identità professionale e cosa vogliono le nostre persone, il nostro pubblico.
Ci saranno dentro gli ingredienti indispensabili per raccontare la nostra storia professionale: strategia e creatività, personal branding e storytelling, verbal identity e scrittura autobiografica, autenticità e rilevanza.
È aperta la lista d’attesa. Vieni a vedere?
***
Dal 13 al 15 giugno sarò alla fiera internazionale sull’innovazione digital AI & tech “We make future” a Bologna: se ci sarai anche tu, fammi un fischio e troviamoci (non per un caffè, magari una tisana 😛).
Che bello leggerti! Io ho preso a pugni Cartesio fino a trovare più pace in Schelling durante i miei studi universitari. Poi sono entrata in analisi. Adesso cerco approcci meno concettuali all'introspezione, come la meditazione zen. Se fossi in Italia verrei ai tuoi corsi!